lunedì 29 aprile 2013

Tre acquisti per cambiare la storia della Premier: solo tre giocatori per trasformare la beffa in volata dello scorso anno in un larghissimo trionfo. Il Manchester United può rappresentare uno degli esempi più chiari di come la migliore via per rinverdire un collettivo di valore ma "perdente" non sia una rivoluzione à-la-Preziosi, ma la scelta di pochi innesti mirati o, in questo caso, UNO.
Uno perchè a Manchester è arrivato il 19enne Nick Powell dalla terza serie per fare gavetta ed allenarsi con i big, con una sola mezz'ora di gioco condita da un gol al Wigan...
Uno perchè il secondo acquisto è Shinji Kagawa, pagato 16 milioni di euro al Borussia Dortmund per segnare una tripletta al Norwich e poco più...
Ma soprattutto è quell'uno è Robin Van Persie, un attaccante che sposta gli equilibri. Un attaccante che segna come vuole, quando vuole...come lo definiscono in molti, Beast.

Aveva le idee chiare quando ha scelto che, a 29 anni, era arrivato il momento di fare il passo verso il successo: "Ho deciso di non prolungare il mio contratto, voglio vincere", diceva. E ci è riuscito: la scorsa settimana i Red Devils hanno vinto matematicamente il titolo d'Inghilterra con un 3-0 sull'Aston Villa. L'autore della tripletta? Robin Van Persie, ovviamente.
La sua anormalità è testimoniata dal gol del 2-0: un giocatore normale avrebbe inseguito la palla dopo averla fatta rimbalzare oppure avrebbe provato a controllarla...i più talentuosi avrebbero poi provato a liberarsi del difensore con un finta. Lui no, beast carica il sinistro al volo.
Un giocatore normodotato, se avesse deciso di tirarla di prima, avrebbe lanciato quella palla in tribuna. Lui no, lui ha angolata di potenza con il mancino. Lui ha messa in porta. Beast, lo dice anche il telecronista.
Questa settimana il programma offre Arsenal - Manchester United: il ritorno del traditore nello stadio che lo ha coccolato per anni. I tifosi dei Gunners avevano minacciato di salutarlo con una "Poznan" (che consiste nel voltare le spalle al momento dell'uscita dal campo) per ricambiare il passaggio ai rivali, quando Van Persie ha voltato le spalle alla tifoseria che sperava di tornare a vincere con l'olandese in campo, grazie ai suoi gol.
Nonostante i fischi arrivassero puntuali ad ogni tocco di palla, l'olandese è riuscito comunque a fare il suo lavoro, quello di segnare: su rigore, dopo essere stato falciato in area da Sagna.
Grazie alla squalifica che lascerà il primo inseguitore Suarez in tribuna fino al termine della stagione, le 25 reti di quest'anno bastano per spianare la strada verso il secondo titolo consecutivo di capocannoniere della Premier League, beast.

In Inghilterra dicono che chi va via dall'Arsenal vince: l'anno scorso ci sono riusciti Clichy e Nasri con il Manchester City e Fabregas in Spagna, prima ancora Henry e tanti altri. Questa stagione è stato il turno di Van Persie, ma anche di Bendtner "trascinatore" con la maglia della Juventus. Ma quelle sono tutt'altre storie...da chi l'ha beast.


Giuseppe Brigante

domenica 7 aprile 2013

"Non mi interessa la Premier League: il paradiso del calcio è la Bundesliga. Abbiamo la lega più attrattiva e competitiva d'Europa. E' il campionato più combattuto e con gli stadi più belli". (Jurgen Klopp)

Sempre più frequentemente si fa riferimento al "modello tedesco" come best practice a livello europeo: così come nell'economia, il fantasma dello spread aleggia in modo sempre più sinistro anche nel calcio.
Lo spread del pallone ha un nome ben preciso, ranking UEFA. I numeri dicono che facciamo peggio della Germania dalla stagione 2006/07, per intenderci quella in cui il Milan vinse la Champions League ad Atene contro il Liverpool. Nel corso degli ultimi anni il divario ha continuato ad aumentare e così siamo stati superati nel ranking, con la conseguenza di perdere il privilegio di portare una 4° squadra in Champions.

Ma come hanno fatto i tedeschi a far crescere il loro movimento?
La prima riflessione d'obbligo riguarda gli stadi: la Bundesliga aumenta ogni anno il suo appeal, portando il dato medio delle presenze oltre i 45mila spettatori a partita. La nostra Serie A è teatro di un desolante svuotamento degli stadi, con 22500 spettatori in media...un livello prossimo ai 17500 della serie B tedesca.
Se state pensando "succede perchè A abbiamo piccole squadre come il Chievo" siete fuori strada: in Bundesliga gioca dal 2008 l'Hoffenheim, la squadra di un quartiere di 3000 anime della città di Sinsheim (delle dimensioni di Aosta). I biancoblù hanno fatto notizia fin da subito, quando -da neopromossi- si sono laureati campioni d'inverno, nella storica prima annata di Bundesliga.
L'entusiasmo in quel di Hoffenheim non si è spento con l'affievolirsi dei risultati: nonostante siano praticamente retrocessi (sono penultimi a -9 dalla zona salvezza, con sole 7 partite da giocare), portano ancora 25566 spettatori a partita...quanto il Chievo e l'Hellas Verona sommati.
Lo sport non può sopravvivere senza la sua linfa, i tifosi: trovare biglietti per le gare di Premier e di Bundesliga è un'impresa, mentre il tifoso medio italiano preferisce restare comodamente sul proprio divano (e, con sole 2 presenza allo stadio questa stagione, mi autoinserisco in questa categoria) anziché seguire la propria squadra. Sarà colpa della politica con cui viene gestito il calcio, della crisi, degli scandali o della precarietà dello spettacolo nei nostri stadi, ma l'Italia del pallone si sta sempre di più disaffezionando...ed è da qui che si deve iniziare la ricostruzione del nostro calcio.

Ci lamentiamo tanto degli scippi del PSG e del Manchester City e di come la causa del nostro declino sia dovuta soltanto alle vagonate di soldi investite dai mecenati proprietari dei nostri competitors. Il calcio tedesco non è stato conquistato da sceicchi e petrolieri, eppure è in crescita esponenziale.
La realtà è che degli sceicchi non ne ha bisogno, grazie alle entrate da stadi, sponsor e diritti tv in continuo aumento ed una gestione economica virtuosa da parte dei club. Nel lungo periodo la politica vincente è proprio l'autosufficienza alla tedesca, capace di garantire risultati a prescindere dalla voglia di spendere del presidente (che potrebbe decidere di chiudere il portafogli e scappare, vedasi il fallimento del Portsmouth di Sulaiman Al-Fahim).
In Germania più della metà dei giocatori proviene dalle giovanili dei club di Bundesliga, con inevitabili guadagni per le nazionali tedesche, per cui risulta chiaro come l'affermazione del calcio tetonico non sia casuale, ma è in atto da numerosi anni con investimenti massicci nei vivai.
Alaba e Thomas Muller, gli autori dei 2 gol che hanno affossato la Juventus martedì sera, hanno in comune un passato nel Bayern Monaco II, la seconda squadra per la formazione dei talenti bavaresi. Ma il calcio tedesco non è solo uno spettacolare Bayern: le ultime due edizioni della Bundesliga sono state vinte dal Borussia Dortmund.

Il Borussia Dortmund fino a pochi anni fa attraversava un periodo buio di stagnazione nella parte bassa della classifica. Per la stagione 2008/09 viene chiamato ad allenare i gialloneri Jurgen Klopp, reduce da un 4° posto in seconda divisione con il Mainz, ed è qui che inizia la rinascita: il primo anno la qualificazione in Champions sfuma nel finale, mentre la stagione 2010/11 porta al titolo di Germania una squadra con 23 anni di età media.
I protagonisti del successo? Tutt'altro che paperoni affermati, ma:
- Robert Lewandowki, 21 anni ed 8 reti, acquistato ad inizio stagione dal Lech Poznan;
- Shinji Kagawa, 21 anni ed 8 reti, anche lui una new-entry dal Cerezo Osaka (serie B giapponese) per 350mila €...e poi rivenduto, con una signora plusvalenza, al Manchester United per 22 milioni €;
- Lucas Barrios, bomber principe della squadra campione, poi ceduto al Guangzhou per il doppio del valore d'acquisto;
- Neven Subotic, 22 anni, difensore di fiducia di Klopp, che lo ha portato con sè dal Mainz;
- I talenti cresciuti nel vivaio: Mario Gotze (6 gol a soli 18 anni), il difensore bomber 22enne Hummels e l'asse quantità-qualità di centrocampo Sven Bender e Nuri Sahin (21 e 22 anni).
La crescita sportiva passa per la promozione del settore giovanile...volete davvero sapere quanto investono le squadre nostrane?

Giuseppe Brigante

mercoledì 3 aprile 2013



In un epoca di Top Players dalle cifre impossibili, in cui lo stipendio di Messi e Ibrahimovic di un anno risolverebbe i problemi di numerosi stati in crisi, voglio parlare di un fenomeno di quelli "fatti in casa", uno dei talenti più puri e sottovalutati dei nostri giorni, Fabio Quagliarella.

martedì 2 aprile 2013

"Non posso rispondere ogni due settimane, ogni due mesi, ogni dieci mesi alle stesse domande. Siamo in una squadra di calcio, non in Parlamento. Io non sono un politico, parlerò solo di calcio".

Separare calcio e politica.
Perchè Paolo Di Canio è un personaggio che va ben oltre il saluto romano all'Olimpico e l'aquila imperiale tatuata sulla schiena:
  • Paolo Di Canio è il campione di fair play che al 90°, sul punteggio di 1-1, ha fermato il gioco invece di segnare un facile gol da tre punti con il portiere avversario a terra.
  • Paolo Di Canio è un campione, punto. Un ex-calciatore con un palmares internazionale invidiabile, nonchè bandiera del West Ham, club che lo ha inserito nell'11 più forte di sempre.
  • Paolo Di Canio ha dimostrato di valere anche come allenatore. Ha vinto la League Two al primo anno con lo Swindon Town e l'anno dopo ha portato la squadra ai vertici della League One, fino al giorno delle dimissioni. La sua ex-squadra, dopo il suo abbandono, è in crisi.
  • Paolo Di Canio crede nel lavoro e nella passione per il calcio...cosa non consueta in uno sport che ruota attorno ai soldi: a gennaio si era offerto di sopperire alla mancanza di liquidità societaria pagando lui stesso i calciatori affinché restassero allo Swindon.
Ora che Paolo Di Canio è il nuovo allenatore del Sunderland, la domanda non deve essere "ma è fascista?" (come si sta facendo su tutti i media, inglesi ed italiani), ma "è adeguato per allenare i Black Cats?". Un discorso di capacità, a prescindere dalla fede politica.
Negli ultimi due anni il "mad italian" si è lanciato in una nuova avventura da allenatore, ottenendo fino ad oggi ottimi risultati grazie ad una squadra capace di mettere in mostra un più che discreto gioco. Uno di quei personaggi senza peli sulla lingua, che non conosce l'aziendalismo nè il compromesso: ciò che serve per spronare una squadra a secco di vittorie dal 19 gennaio, ad un solo punto dalla zona retrocessione nonostante una rosa che sarebbe riduttivo definire dignitosa.
Basandoci sull'esperienza-Swindon, il modulo dovrebbe essere un 4-4-2 fondato su due pilastri: solidità e sovrapposizioni degli esterni, per attaccare gli spazi. Nonostante l'imprevedibilità del personaggio, in immagine è riportata una prima bozza di formazione di questo nuovo Sunderland.

L'allenatore italiano in Premier League è certamente una scommessa, ma l'ambiente in quel di Sunderland necessita di nuovi stimoli ed un bagno di umiltà, per cui l'italiano può essere l'uomo giusto.
Per adesso Di Canio si è presentato con la sua filosofia "lavoro, lavoro, lavoro, lavoro, lavoro. Che non significa correre 5 ore al giorno, ma essere concentrati per 24".
Il prossimo ostacolo lungo la via dei Black Cats sarà il calendario: le prossime gare saranno contro Chelsea, Newcastle ed Everton. Di Canio dice che riusciranno a salvarsi...io gli credo. Voi?


Giuseppe Brigante

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